Chi non ha mai desiderato di alzarla al cielo? O semplicemente di toccarla? Assieme alla Coppa del Mondo, la UEFA Champions League è forse il trofeo più affascinante e ambito nel mondo del calcio. D’altronde è la competizione regina per i club europei, la più antica e quella, inevitabilmente, più bella. È dal 1955-56 che la Coppa dei Campioni – il primo nome con il quale fu “lanciata” – vede sfidarsi la quint’essenza del calcio europeo, mettendo di fronte i club che hanno vinto i campionati di ogni federazione affiliata alla UEFA.
Ideata dal giornalista francese Gabriel Hanot, da ormai 70 anni le squadre del Vecchio Continente lottano con ogni mezzo per alzare al cielo la Coppa dalle Grandi Orecchie. Il torneo è rimasto fondamentalmente immutato dalla sua ideazione, fino al 1992 quando il format fu rivoluzionato secondo i canoni di una nuova competizione: la Champions League che avrebbe accolto non solo le squadre vincitrici dei singoli tornei nazionali, ma si sarebbe allargata ad una platea sempre più larga. In una società e un’Europa che va verso l’unificazione, anche la Coppa dei Campioni ha dovuto cedere il passo alle mutazioni esterne. Tuttavia, il fascino non è rimasto minimamente intaccato e, anzi, ha conquistato ancor più valore alla luce di una competizione sempre più serrata.
Per questo, vogliamo proporti un viaggio nel passato, limitandoci agli ultimi trent’anni – ossia da quando è nata la Champions League – ripercorrendo i momenti salienti che l’hanno contraddistinta e descrivendo 5 momenti salienti della manifestazione, con una particolare attenzione agli stadi che hanno visto svolgersi la storia sui propri rettangoli di gioco.
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Basile Boli segna il gol decisivo nella finale di Champions League 1992-93
Forse, anzi sicuramente, questa partita non darà dolci ricordi ai tifosi del Milan, ma è inevitabile non iniziare con la prima, storica finale della Champions League, vinta dai francesi dell’Olympique Marsiglia. Il match si disputò all’Olympiastadion di Monaco di Baviera, costruito in occasione delle Olimpiadi del 1972, tristemente ricordate per l’eccidio della squadra olimpica israeliana compiuto da un commando di terroristi palestinesi. Dopo la finale della Coppa del Mondo del 1974, vinto dalla Germania Ovest di Müller e Beckenbauer contro l’Olanda di Cruijff e Resenbrink, lo stadio fu scelto per ospitare la finalissima della nuova edizione della Coppa dei Campioni. Dopo aver sfiorato la vittoria due anni prima, cedendo soltanto ai rigori alla Stella Rossa, i francesi riuscirono ad imporsi sul Milan di Capello grazie a una rete nel finale di primo tempo di Basile Boli. Fu il punto più alto toccato dalla compagine marsigliese, prima dello scandalo che coinvolse il presidente Bernard Tapie e che portò l’OM alla revoca dello scudetto conquistato e alla successiva retrocessione in Ligue 2. Fu, comunque, un evento storico: l’Olympique Marsiglia, infatti, fu la prima squadra francese ad aggiudicarsi la massima competizione europea.
Marcel Desailly esulta dopo il gol del definitivo 4-0
Dopo la cocente delusione dell’anno precedente, il Milan di Fabio Capello riuscì a conquistare il diritto di giocarsi la finale contro il favoritissimo Barcellona di Johan Cruijff. Negli occhi dei Blaugrana c’erano ancora ben nitidi i ricordi del successo di due anni prima conquistato in quel di Wembley contro la Sampdoria di Vialli e Mancini e, in vista del match contro i rossoneri, fu lo stesso tecnico olandese a pronosticare un sicuro successo contro gli avversari. D’altronde, mancavano anche due perni della difesa di ferro milanese come Franco Baresi ed Alessandro Costacurta, fuori per squalifica. Il match si disputò presso lo Stadio Olimpico di Atene intitolato a Spyridon “Spyros” Louis, primo storico vincitore della maratona dei primi giochi olimpici moderni, tenutisi proprio ad Atene. E furono proprio i meneghini a rendersi protagonisti di un’impresa epica, distruggendo letteralmente i boriosi avversari catalani. Con un 4-0 sontuoso, impreziosito dall’incredibile perla di Dejan Savicevic per il gol del momentaneo 3-0, il Milan riuscì a vincere la sua quinta Coppa dalle Grandi Orecchie, infliggendo il più pesante passivo che – ad ora – si sia mai registrato in una finale di Champions League.
La gioia di Vialli dopo la vittoria in Champions League contro l’Ajax
Impossibile non ricordare quanto accadde in quella serata di primavera quando, dopo il rigore decisivo di Vladimir Jugovic, si alzò fragoroso l’urlo di gioia di uno Stadio Olimpico eccezionalmente a tinte bianconere. Le lacrime di Gianluca Vialli, l’abbraccio con Angelo Di Livio, la gioia di Alessandro Del Piero. Sono tutti fotogrammi che rimangono nella storia e nelle menti dei tifosi bianconeri che videro la Vecchia Signora tornare sul gradino più alto d’Europa per la seconda volta. Ma questa volta, con una festa vera. Infatti, nel 1985 la prima Coppa dei Campioni venne alzata in un’atmosfera tremenda, subito dopo la strage dell’Heysel che costò la vita a ben 39 persone. Stavolta ci sono tutti gli ingredienti per una vera celebrazione, per urlare al cielo che la Juventus c’è. E l’atmosfera è resa ancor più imponente dall’abbraccio dell’Olimpico che, per una notte, si è tinto di bianconero per celebrare la corsa sotto la curva di Fabrizio Ravanelli, con la maglia sulla faccia, dopo la rete del vantaggio. Ancor più quando ha visto Angelo Peruzzi respingere i due calci di rigore di Edgar Davids e Sonny Silooy. Un ricordo indelebile.
Teddy Sheringham tocca il pallone che Ole Solskjær manderà in rete per il 2-1
È stata sicuramente la finale più pazza che si possa ricordare. Mai si è vista una rimonta così celere, così disperata, così eroica. A farne le spese sono stati i calciatori e i tifosi del Bayern Monaco che si sono visti sfilare la Coppa dalle Grandi Orecchie da sotto il naso nella maniera più beffarda e dolorosa possibile: in pieno recupero, dopo esser stati in vantaggio per tutto il match grazie al bolide di Mario Basler dopo quattro giri di lancette. E invece il destino aveva in serbo uno scherzo di un’indicibile crudeltà per i bavaresi, mentre sir Alex Ferguson ha realizzato il suo sogno per iscrivere il suo nome nella storia dei Red Devils accanto a quello di Matt Busby. È il 90’ quando Beckham, da corner, manda il pallone nel cuore dell’area avversaria e, dopo una carambola, la sfera finisce sui piedi di Teddy Sheringham che, lestissimo, buca Oliver Kahn e fa esplodere le migliaia di tifosi mancuniani assiepati sulle tribune del Camp Nou, a picco sul rettangolo di gioco. Neanche il tempo di realizzare che la palla è finita in rete che, un minuto dopo, in perfetta fotocopia, Ole Gunnar Solskjær insacca il pallone della seconda rete. La gioia è tutta nella capriola del gigante danese Schmeichel. Il cuore dei Red Devils viene premiato e nessuno crede ai propri occhi, mentre il Bayern vede collassare il mondo sotto ai suoi piedi. È la dura legge del gol.
Tutta la gioia di Javier Zanetti, capitano dell’Inter
Sono le lacrime di José Mourinho che si scioglie dopo l’abbraccio a Massimo Moratti a celebrare l’importanza di questo match. L’imperturbabile Special One ha capito di averla fatta davvero grossa, realizzando il sogno del suo presidente che ha cercato per anni e anni di ripercorrere le orme del padre, presidente della Grande Inter che dominò l’Europa e il mondo a metà degli anni ’60. I tifosi nerazzurri hanno atteso più di 50 anni per rivedere la Beneamata sul gradino più alto del podio ed il palcoscenico che la sorte ha concesso in dote ai nerazzurri non poteva essere più prestigioso: il Santiago Bernabeu di Madrid, la casa della squadra più forte e titolata al mondo. L’eroe della serata è Diego Milito autore della doppietta che affossa i bavaresi e iscrive il suo nome nella storia del club milanese e del calcio italiano. El Principe, infatti, è solo uno degli eroi del Triplete che suggella la stagione più bella e vittoriosa che il sodalizio meneghino ricordi. È tutto vero e quando capitan Zanetti, a quasi 40 anni, alza al cielo la Champions League ci si accorge che è stato veramente un sogno ad occhi aperti.
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